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Incontro pubblico 6 dicembre 2017 – Ridotto del Mercadante Napoli

Teatro Stabile Napoli – Teatro Nazionale in collaborazione con Movimento Danza Organismo di Promozione Nazionale

Relazione introduttiva a cura di Gabriella Stazio 

Esiste una Questione Meridionale della Danza?

E’ questa la domanda che vogliamo porre a coreografi, danzatori, direttori artistici di festival e teatri, giornalisti ed operatori chiamandoli a rispondere anche sulla base delle loro esperienze personali.
Il sistema danza nel Sud Italia ha avuto ed ha le stesse opportunità che ha il Nord? Quando il legislatore a livello regionale, nazionale, comunitario, parla di valorizzazione dei talenti, ricambio generazionale, diffusione degli spettacoli, processi di internazionalizzazione, collaborazioni, scambi, mobilità, circolazione degli artisti e delle opere, sviluppo di reti, crescita dell’offerta e della domanda, in che modo ed in che misura questi temi vengono affrontati anche in chiave di riequilibrio territoriale?
L’8 novembre 2017 la Camera dei Deputati ha approvato con 265 voti favorevoli, 13 contrari e 122 astenuti il ddl “Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia” ovvero il Codice dello Spettacolo. Sapranno le norme attuative tenere conto di una frattura importante del nostro paese? Sapranno prendere decisioni adeguate e mettere in evidenza una situazione divenuta insostenibile? Colmare le differenze? Attuare il riequilibrio territoriale tra Nord e Sud del paese? Quali gli incentivi, le defiscalizzazioni, gli sgravi o le misure di compensazione  che potranno bilanciare le attività e la programmazione degli organismi, delle compagnie, degli artisti che hanno deciso di rimanere o di investire nel Sud Italia?
Un corpo è sano quando tutte le sue funzioni vitali godono buona salute. Il corpo dello Stato Italiano ha una malattia ormai cronica. Abbiamo deciso di amputare il Sud Italia dalla nostra penisola o di fare una precisa diagnosi e di lavorare su strategie combinate che ne permettano il riequilibrio e la possibilità di esprimere tutta la sua creatività?
La Questione Meridionale della Danza
Che cosa hanno in comune un calabrese e un lombardo? (e non è l’inizio di una barzelletta) Sono entrambi italiani, possono vedere alla televisione gli stessi programmi, vanno a votare nello stesso momento quando ci sono le elezioni. Ma al di là di questo, le loro vite divergono in maniera sostanziale. Con l’aiuto dell’ultima pubblicazione dell’ Istat, “Le regioni in cifre”, è possibile delineare un quadro di queste due aree che possono essere prese come esempio dello storico steccato che divide il Nord dal Sud. Che esistessero due Italie, una opulenta e appagata del Centro-Nord e una povera e insoddisfatta del Sud, non lo si scopre certo adesso.
Questo articolo apparso su La Repubblica a firma di Adriano Bonafede, è del 15 maggio del 1987, ma potrebbe essere stato scritto ieri o domani, come un secolo fa. Sono ormai anni che l’Istat – Istituto Nazionale di Statistica – nel suo rapporto annuale ci dice che esistono Due Italie.  Secondo le previsioni Istat di aprile 2017, nel 2065 il Centro-Nord accoglierebbe il 71% di residenti contro il 66% di oggiIl Mezzogiorno invece arriverebbe ad accoglierne il 29% contro il 34% attuale. Il Sud sarà quindi spopolato, desertificato, disboscato, e forse potremmo utilizzarlo per farne una discarica a cielo aperto.
..il caso italiano presenta una specificità che lo rende unico nel quadro dell’Europa occidentale: la presenza di diseguaglianze sociali rispetto ad una serie di diritti sociali, basata non solo su caratteristiche socio-economiche della persona (il genere, l’età, la nazionalità e la classe sociale), ma anche , e per certi versi soprattutto, sul luogo di residenza…….è difficile trovare un altro luogo dell’Europa occidentale dove l’esigibilità di molti diritti sociali all’interno di un paese sia così strettamente associata al luogo di residenza, ed elemento anche più preoccupante, al livello di sviluppo economico dell’area in cui si vive………..Se si considerano una serie di dati ed informazioni in merito ad alcuni dei principali servizi di welfare, l’impressione forte che si ricava è, infatti, che il nostro paese abbia accettato e consideri normale una tale differenza nell’esigibilità di diritti sociali da far parlare di “Due Italie” piuttosto che un unico Stato: una del Centro-Nord, con maggiore diffusione (e performance) dei servizi di welfare pubblici; una del Mezzogiorno, in forte ritardo. (1)
Nascere nel Sud Italia porta con sé una dote: l’esigibilità dei tuoi diritti sociali come l’istruzione, l’educazione, la cultura, la sanità, non sono proprio dei diritti ma questione di caso o fortuna.  Se in altri paesi il sistema del welfare cerca di controbilanciare i possibili fallimenti o carenze dei meccanismi di mercato, in Italia il riequilibrio territoriale di solito si fa così: gli asili si costruiscono dove ci sono già. E così con la cultura, l’arte, lo spettacolo o gli ospedali.  
…Quello che prima era un divario, economico e sociale, con il Sud che arrancava dietro ad un più produttivo Nord ora appare come un abisso, come se tra gli abitanti della Provincia di Bolzano e quelli della Calabria si fosse aperto il Gran Canyon. Sono infatti i cittadini della provincia di Bolzano che nel 2015 vantano il Prodotto Interno Lordo – PIL – più alto con 41.100 euro per abitante. In fondo troviamo invece la Calabria 16.500 euro. Addirittura 24.600 euro di differenza.
Un dato pesante anche perché questa disparità è ancora una volta in aumento rispetto all’anno precedente, quando lo scarto tra i più ricchi ed i più poveri era di 23.700 euro. Cifre preoccupanti scandite dall’Istat e rielaborate dall’Adnkronos…. Dal 2008, fissato come anno di inizio della crisi, al 2014 il PIL pro capite degli italiani era già sceso del 10,4, passando da 28.194 a 25.257 euro. Un calo difforme sul territorio. Il divario tra il PIL procapite del Nord, quello del Sud e quello del Centro dal 2008 al 2014 è passato rispettivamente dal 40,3 al 41,2 e dall’11,3 al 13,7.
Già alla fine del 2015 la rivista “Economist” aveva pubblicato un’analisi della situazione economica italiana che aveva evidenziato come durante la crisi l’economia del Sud si fosse contratta con una velocità doppia rispetto a quella del Nord…… Si son allargati quindi i divari relativi alla disoccupazione: l’indicatore sale al 19,6 per cento nel Mezzogiorno mentre scende al 10,4 per il centro e al 7,6 per il Nord (2)
Quando nasci nel Sud Italia oltre ad una dote con un lascito pesante, lo Stato Italiano per compensare ti fa un regalo: una valigia. Cioè parti, o anche: perché non te ne vai?
La mobilità degli artisti, la mobilità dei ricercatori, la mobilità di chiunque rivolga il suo sguardo alla sperimentazione e alla ricerca,
 o per chiunque lo faccia solo perchè gli piace o per motivi personali, è un diritto, è crescita, è conoscenza, è confronto, è libertà di essere ed esistere ovunque, ma non può divenire un obbligo per poter sopravvivere. In Italia la mobilità ed in particolare la mobilità degli artisti segue un senso unico, in uscita, e nella maggior parte dei casi somiglia più ad una emigrazione. E’ una mobilità ”forzata” di giovani talenti e dei meno giovani che seminano in altri paesi creatività, abilità, competenze che non riescono più a transitare nuovamente nel nostro paese, per rinnovare il sistema. E’ una perdita, una emorragia di valori e qualità. E se una metà dei giovani che lasciano l’Italia non ha intenzione di rientrare, il dato sorprendente è che l’altra metà tornerebbe volentieri, ma non può (Rapporto Istat Noi Italia – 2014). Inoltre è il saldo della mobilità che è in negativo. Ovvero la percentuale di quanti si spostano all’estero per esprimere il proprio talento è molto maggiore degli stranieri che vengono nel nostro paese a condividere abilità e competenze.
Il Sud del paese quindi è doppiamente in perdita perchè non c’è reciprocità in questo processo tra Nord e Sud come con c’è tra l’Italia e l’estero. Se tra i giovani laureati del Nord il tasso di occupazione è del 52, 5 %, al Sud è del 35 %, ovvero 17 punti percentuali di differenza (fonte AlmaLaurea 2014). La diseguaglianza si ripercuote in ogni ambito e per un giovane nato nel Mezzogiorno è estremamente più difficile essere partecipe ai processi di formazione, ricambio generazionale, mobilità, opportunità di lavoro.  Secondo i dati forniti dal rapporto La distribuzione del FUS per lo spettacolo dal vivo nel 2015 – Un’analisi esplorativa a cura della SLC.CGIL , i dati sull’occupazione dei lavoratori dello spettacolo dal vivo  registrata in tutte le professioni per il 2015, evidenzia che più dell’ 80% dei lavoratori dello spettacolo lavora nelle regioni del Centro-Nord e precisamente il 42,6% al Nord, il 42,4 % al Centro e solo il 15 % nel Mezzogiorno.
Qui non si vuole sostenere che per un artista italiano (un laureato, uno studente, un operaio, un imprenditore) che risiede, lavora nel Nord del paese sia tutto semplice e scontato, si vuole solo evidenziare che ogni problema che affligge il nostro paese, e non sono pochi in ogni ambito produttivo e creativo, al Sud è il doppio. E’ il triplo. Si amplifica, si sedimenta, si incancrenisce nella certezza che la Questione Meridionale non si risolverà mai e che ci siamo avviati verso lo spopolamento del Sud Italia, semplicemente perchè è divenuto invivibile.  
L’Italia, a conferma del suo estro e della sua genialità, ha trovato la sua originalissima ricetta per risolvere l’annosa Questione Meridionale: svuotare del tutto il Mezzogiorno d’Italia di modo che, sparendo i meridionali sparirà, una volta e per sempre, anche questa maledettissima Questione Meridionale. (3)
La danza e lo spettacolo dal vivo
Come si ripercuote tutto questo sulla cultura, sullo spettacolo dal vivo e sulla danza in particolare? Quali sono le percentuali sull’occupazione? Sull’incremento del pubblico? Sulla crescita? Quali le differenze tra Nord e Sud?
Il dato è che non ci sono i dati. La danza è talmente importante in Italia che non è sottoposta a nessun rilevamento statistico da parte dell’Istat. Nel capitolo riguardante Cultura e Tempo Libero troviamo dati su cinema, libri, musei, teatro, musica, luoghi da ballo (discoteche, balere). La danza no. Forse perchè è un fenomeno talmente irrilevante che non può essere rilevato.
Quindi la tesi dell’esistenza di una Questione Meridionale della Danza si basa sostanzialmente su due punti ovvi e banali. Il primo punto è che se esiste una Questione Meridionale per la sanità, l’istruzione, il welfare, naturalmente esiste anche per la cultura, l’arte, lo spettacolo e la danza. Il secondo è dato dal percepito, dal vissuto di chi, pochi ancora, popola questo territorio. Ovvero la quotidianità. In linea di massima, salvo le dovute eccezioni, tra un coreografo, una Compagnia, una associazione, un organismo, un danzatore del Sud ed uno del Nord è certamente meglio uno del Nord. Tra uno italiano all’estero ed uno che vive in Italia è sicuramente più bravo quello che si è trasferito all’estero. Tra uno straniero mediocre e semisconosciuto ed un italiano bravo, è meglio uno straniero. E questo perché se sei bravo te ne vai, mica sei scemo che resti. I cartelloni dei festival e dei teatri italiani confermano quasi sempre queste argomentazioni da bar della domenica. Inoltre secondo la famosa frase nemo propheta in patria, sono proprio gli operatori che operano al Sud/del Sud che non ne supportano gli artisti. Una discriminazione dentro la discriminazione. Una Compagnia, un coreografo, un danzatore straniero ovvero del Nord come del resto del mondo, possiede per nascita già un parametro di qualità. In fondo siamo un popolo di strascinafacenti. Ci hanno convito. Ormai ci deprezziamo da soli.
Proseguendo nell’analisi dei dati disponibili, quelli della SIAE stupiscono per la loro contraddittorietà. Infatti alla sezione Balletto sono accorpati, senza distinzione, i saggi di danza con gli spettacoli di danza così che non è possibile comprendere effettivamente quali siano i dati relativi agli spettacoli di danza messi in scena da professionisti.  E comunque la Lombardia è la prima regione per numero di spettacoli (compresi i saggi) con 1.324, seguita da Emilia- Romagna e poi Toscana, mentre le ultime tre sono Calabria, Basilica e Molise con 8 spettacolin totale. Il volume di affari prodotto nel Centro – Nord è pari a 30.395.625,59 euro ovvero circa all’ 83%, contro i 6.377.380,02 euro del Sud e le Isole pari a circa il 17%.
Il dato interessante evidenziato dalla SIAE in tutta Italia nel 2015 è che la danza ha avuto un andamento contraddittorio. Mentre sono aumentati gli indicatori dell’offerta degli spettacoli +12,55% ed il numero di spettatori +2,30, diminuiscono gli indicatori economici con un volume di affari di – 3,80% e la spesa del pubblico di – 5,87%. Insomma il pubblico è aumentato perchè i biglietti costano meno e di conseguenza diminuisce anche l’incasso o forse si fanno più saggi?
Per quanto riguarda i dati relativi al FUS – Fondo Unico Spettacolo, ovvero il meccanismo utilizzato dal Governo per il sostegno pubblico nel settore dello spettacolo dal vivo, nel 2015, l’ammontare complessivo destinato allo spettacolo dal vivo, è stato di 406.229.000 euro, di cui :  Fondazioni lirico sinfoniche, euro 181.990.592 – Attività musicali, euro 56.872.060 – Attività teatrali, euro 67.027.785 – Attività di danza, euro 11.374.412. Alla danza è stato erogato quindi un finanziamento pari al 7,0% , mentre alla prosa il 46%, alla musica il 40% ed al multidisciplinare il 7%. (dati SLC.CGIL )
La maggior parte dei finanziamenti si è concentrata nelle province dell’Italia tra il Centro e il Nord-Est. Nel Sud Italia la maggior parte delle province non supera i 500.000 euro di finanziamenti, con l’eccezione di alcune province in cui si concentra un ammontare più rilevante di finanziamenti, come: Napoli e Salerno in Campania; Bari e Taranto in Puglia; Palermo, Catania e, secondariamente, Messina e Siracusa in Sicilia; Sassari e Cagliari in Sardegna. (dati SLC.CGIL comparati a dati INPS e MIBACT)
Se poi la distribuzione dei finanziamenti è analizzata in relazione alla popolazione residente emergono in maniera ancora più evidente le difficoltà di alcune provincie nell’attrarre i finanziamenti, in particolare nel Sud Italia. Le provincie che concentrano la maggior quota di finanziamenti per abitante (superiore ai sei euro per abitante) sono: Parma, L’Aquila, Trieste, Ravenna, Bolzano, Ancona, Pisa. Nessuna nel Sud Italia. (dati SLC.CGIL comparati a dati INPS e MIBACT)
Nel secondo rapporto di Italia CreativaL’Italia che crea, crea valore del 2015 nel settore Arti PerformativeUn caledoscopio unico di esperienze, a parte la copertina del rapporto che mette in bella mostra i piedi di ballerine con scarpe da punta, al suo interno non si evincono dati specifici sulla danza e sul balletto che vengono accorpati a quelli di spettacoli teatrali, lirica, rivista, marionette e circhi.
Si tratta di un settore variegato, intorno al quale ruotano numerose tipologie di esecuzioni dal vivo, quali le rappresentazioni teatrali, gli spettacoli lirici, la rivista e le commedie musicali, il balletto, gli spettacoli con burattini e marionette, i circhi, gli spettacoli viaggianti e gli spettacoli di arte varia.
Tra questi il teatro la fa da padrone con quasi la metà dei ricavi, seguito dalla lirica con circa un quarto. Dal punto di vista dell’impiego, gli occupati arrivano a 172 mila unità…. il settore sconta ancora la pesante contrazione del recente periodo, che fa segnare un -4,6% nel quadriennio 2012-15. Nello stesso periodo, i cali più importanti vanno ascritti alle professioni “nucleo” del comparto: autori e artisti diminuiscono del 14%, professionisti di supporto (es. scenografi, truccatori) del 12%.
Inoltre i dati 2015 del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e Turismo per l’assegnazione del FUS – Fondo Unico Spettacolo relativamente alla danza, ci dicono che al Nord e Centro Italia accedono ai contributi ministeriali 14 regioni per un totale di 116 soggetti ovvero l’83,5 % . Di contro nel Sud Italia ed Isole accedono 4 regioni per un totale di 23 soggetti pari al 16,5 %.
I soggetti del Lazio ricevono il numero più alto di contributi e l’importo maggiore: 24 soggetti e 2.072.702,00 euro. Poi la Toscana con 21 soggetti, l’Emilia – Romagna con 15, la Lombardia con 14, il Piemonte ed il Veneto con 11.I beneficiari di Lazio, Emilia- Romagna, Toscana e Piemonte ricevono complessivamente il 64% del contributo assegnato dal FUS per il 2015 alle attività di danza. Tre le regioni italiane senza soggetti beneficiari di contributo FUS 2015 : Basilicata, Calabria, Molise.

Esiste una Questione Meridionale della Danza? Si.
Quello che ci chiediamo quindi è che valore viene dato a una Compagnia di danza, una Rassegna, un Festival, un Circuito, ad un Organismo di Promozione come di Formazione, ad un’ Associazione, ad un artista che risiede, opera, da lavoro, produce e crea nel Sud Italia? Sono degli illusi perché tanto il Sud si sta spopolando ed è un bene, oppure devono essere premiati, incentivati, riconosciuti in quanto valore aggiunto dell’intero paese? Ed in che modo e quali le misure concrete?
La secessione in Italia è stata fatta. Una secessione economica, legata alle opportunità di studio e lavoro, legata alla crescita, alla mobilità, all’accesso. Una secessione subdola e strisciante che si è insinuata e morde il sistema – paese, dato che il PIL pro capite al Nord è il doppio che al Sud.
Si deve intervenire
Gabriella Stazio

Il Presidente

Fonti :

Marshall non abita in Sud Italia ? di Emmanuele Pavolini – eticaecomonia.it – 15 settembre 2014 (1)

“Il PIL spacca in due l’Italia – il Nord cresce, il Sud frena” di Francesca Angeli- il Giornale.it 24/4/2017 (2)

“Risolta la questione meridionale: si svuota il Sud, tutto procede bene”  di satirus Satirus – I Nuovi Vespri – 26 aprile 2017 – inuovivespri.it  (3)

AlmaLaurea.it

Istat – Rapporti annuali dal 2014 al 2016

Italia Creativa – seconda edizione  2015 – italiacretiva.eu

Mibact –  FUS 2015

Siae – Annuario dello spettacolo  2015

SLC.CGIL La distribuzione del FUS per lo spettacolo dal vivo nel 2015 – Un’analisi esplorativawww.slc.cgil.